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Come non amare un disco di tale fatta, come non fermarsi tra un toc toc di cuore ed un singulto di tempie mentre questo disco “d’altri tempi” si avvicina all’ascolto dentro una atmosfera notturna, sorniona, amabile e calda, non ne capitano tutti i giorni di queste chicche cantautorali che accarezzano come un guanto di stoffa, di quella che non si tesse più e che fanno parte del baule conscio di chi ha vissuto già per un bel tratto la vita.

Orlando Andreucci è uno chansonnier romano che viaggia con la poesia e con il pensiero altrove, illumina di luce fioca – in questo suo gran bel nuovo disco Inusitato –  illusioni e amarezze, un punto luce di romantico raffinato che è relegato al buio, all’ascolto rapito ed immerso come dentro il fumo blu di sigarette immolate in  un deliro clubbing senza ore da contare; nel gioco dei rimandi potremmo dire Bruni (“Quando non ci sei”)?, echi di Conte intimo (Ruth)? Per carità, è solo un vago retrogusto, nessuna omogeneità tra i vari progetti, è giusto una dolce sensazione che si affibbia ai grandi e Andreucci sta proprio lì in mezzo, nella sua semplice complessività telling che riempie melodie e stati d’animo e che poi  fluttuano senza mai toccare terra.
Dieci diamantini grezzi per una tracklist friabile e tenera nella sua bronzatura agrette, solitari di pianoforte, ninne nanne di realtà, schiettezze liriche che danno del tu a dignità e giochi cromatici latin, tratteggi brasileiri e ventagli intimi di Jobim che scorrono come gocce condensate in una lunga confidenza che gattona nell’anima senza curarsi d’altro; ma è anche una sensibilità musicale tipicamente mediterranea, quella di creare anche l’accattivante ritornello che ti si imprime nella testa (La storia”, “Andrea), o la suadenza ancheggiante carribean (Mento) che si struscia con il ritmo di pianoforte di un fenomenale Primiano Di Biase ondulante che bilancia attimi trascorsi e vite passate (Quello che rimane), tutto in questo disco fa stringere la notte chi si porta dietro, tutto si unisce tra equilibri che l’artista Andreucci crea, fa e disfa come un fiotto d’amore non trattenuto, o da non trattenere. Quando l’incanto assume l’immaginifico.

 (Max  Sannella)

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